Marie-Claire Bancquart, poeta delle cose da niente [ita, fra]

di © Marilyne Bertoncini

[French below/ Texte français ci-dessous]

immagine di copertina tratta dal sito delle édizioni Castor Astral, dove, in collaborazione con la poeta, Claude Ber ha pubblicato nel 2019 Toute minute est première , libro essenziale per la biobibliogafia di Marie-Claude Bancquart.

Musarder Una rubrica bilingue (italiano/francese) a cura di Marilyne Bertoncini. Incursioni nella storia della letteratura francese, per riscoprire scrittrici francesi dimenticate. / Musarder A bilingual column (Italian/French) by Marilyne Bertoncini. Intrusions into French Literature to rediscover forgotten French women writers.

Marie-Claire Bancquart può – e deve – essere considerata una delle maggiori voci della poesia contemporanea. Nata nel 1932 e morta il 19 febbraio 2019, ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie nel 1969, seguita da ben altri 25 titoli: sei punteggiano gli anni ’70, ne contiamo 5 per gli anni ’80, 5 ancora per gli anni ’90, 9 di cui due post-mortem, per i primi vent’anni del XXI secolo. Ha anche pubblicato sei romanzi, saggi dedicati in particolare ad Anatole France (che fu oggetto della sua tesi di dottorato nel 1962), a Jules Vallès, Guy de Maupassant, alla letteratura “fin-de-siècle” e al surrealismo. Membro della prestigiosa Accademia Mallarmé, la sua opera è stata distinta da vari premi letterari, per la sua poesia, i suoi romanzi o i suoi saggi.1

Intellettuale e trasmettitrice di sapere, insegna all’università e termina la sua carriera alla Sorbonne, dove diventa professore emerito nel 1994. Tale è la brillante e riconosciuta carriera intellettuale, di una donna che fu anche moglie del compositore Alain Bancquart, con il quale firmò diverse opere, cantate o oratori, intessute di temi e figure mitologiche: si può dunque parlare di invisibilità nei suoi confronti?

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Marie-Claire Bancquart alla libreria Tschann a Montparnasse Rencontre con Jean-Pierre Siméon – source wikipedia

Come ho sottolineato nel precedente articolo dedicato al dibattito sulla scrittura femminile, questa notorietà non ha però permesso che fosse pubblicata nella raccolta tascabile delle edizioni Gallimard (Gallimard-poésie) prima del 2019, e quindi purtroppo subito dopo la sua morte. Una rapida consultazione del sito di questa raccolta – l’unica disponibile nelle librerie dove la poesia stenta a esistere – rivela che:

“Fino al 1971 vengono pubblicati solo titoli di autori del Novecento (Saint-John Perse, Ponge, Char…); con l’edizione delle raccolte di Yves Bonnefoy (del Mercure de France), Jean Grosjean, Guillevic, Philippe Jaccottet, ecc., la raccolta amplia il pubblico degli autori contemporanei e sostiene, anzi anticipa e motiva, la prescrizione (il grassetto è mio). Ogni raccolta è accompagnata da un apparato critico e da una presentazione del poeta da parte di un suo coetaneo o di un critico.”

Se abbiamo letto l’elenco delle pubblicazioni di Marie-Claire-Bancquard riportato nella mia introduzione, abbiamo il diritto di chiederci fino a che punto si anticipa la prescrizione dopo tanti titoli, e la morte dell’autore… Guardiamo più avanti il ​​catalogo che espone 560 pubblicazioni, di cui 40 antologie, e che si appresta ad accogliere un libro della poetessa del Quebec Denise Desautels, il che è un’ottima notizia: basta guardare l’elenco degli autori pubblicati per il 2019 e il 2020.

Robert Desnos, Roberto Juarroz, Théocrite, Alicia Gallienne, Lorca, Marot, Edouard Glissant, Baudelaire, Aksinia Mihayl Ova, Erri de Luca, Eric Sarner, François Sureau, Jehan Rictus, Rûmi, Pasolini, Charles Juliet, Lydie Dattas, Andrée Chedid, Paul Valet, André Velter, Frédéric-Jacques Temple, JK Huysmans, Jean-Marie Barnaud, Armand Gatti, Georges Perros, Louis Aragon, Lord Byron, Jean-Paul Michel, François Cheng, Marie-Claire Bancquart, Christine de Pizan.

Cioè 31 autori, di cui 6 donne… o meno del 20% (e che non si tratta di un effetto dovuto alla selezione limitata di date: una rapida scansione delle seguenti 2 pagine dà un rapporto di 3 su 20… Potremmo anche parlare di un miglioramento).

Riprendiamo testualmente la descrizione del progetto di questa collezione, e noteremo che la proporzione degli autori citati è ancora minore perché, salvo errori di lettura, annoto 3 nomi di donne la cui unica di espressione francese è Venus Khoury-Ghata:

“Quanto alla presenza di autori viventi, obbedisce a uno degli obiettivi essenziali della collezione: mettere in contatto tutte le grandi opere del passato con quelle che, oggi, sono tra le più rappresentative e le più singolari. , da Adone a Franck Venaille, da Philippe Jaccottet a Jean-Pierre Verheggen, da Tahar Ben Jelloun a Yves Bonnefoy, Christian Bobin, Michel Butor, François Cheng, Georges-Emmanuel Clancier, William Cliff, Michel Deguy, Philippe Delaveau, Kiki Dimoula, Hans Magnus Enzensberger, Lorand Gaspar, Guy Goffette, Pentti Holappa, Michel Houellebecq, Ludovic Janvier, Alain Jouffroy, Nuno Judice, Gérard Macé, Jean-Michel Maulpoix, Bernard Noël, Valère Novarina, Pierre Oster, Pascal Quignard, Lionel Ray, Jacques Réda, Jean Ristat , Jacques Roubaud, Paul de Roux, Jude Stéfan e Kenneth White, ora affiancati da Olivier Barbarant, Zéno Bianu, Xavier Bordes, Jacques Darras, Alain Duault, Emmanuel Hocquard, Vénus Khoury-Ghata, Anise Koltz, Abdellatif Laâbi, Jean-Pierre Lemaire, Richard Rognet and James Sacré. Basta una tale enumerazione per sottolineare quanto tutto il campo poetico, nella sua diversità, nella sua ricchezza, anche nelle sue linee di frattura, si trovi in ​​“Poetry / Gallimard”2

Quest’impressione non viene corretta dalla lettura del seguito, che elenca “Autori pubblicati durante la loro vita”:

Antologie escluse: Adone – Andrade – Aragon – Barbarant – Ben Jelloun – Bianu – Bobin – Bonnefoy – Bordes – Borges – Bosquet – Boulanger – Butor – Caillois – Césaire – Char – Cheng – Clancier – Cliff – Darras – Darwich – Deguy – Delaveau – Dimoula – Duault – Du Bouchet – Dupin – Enzensberger – Follain – Fombeure – Frénaud – Gaspar – Glissant – Goffette – Grosjean – Guillevic – Hocquard – Holappa – Houellebecq – Jabès – Jaccottet – Janvier – Jouffroy – Jouve – Júdiceha – Khoury-Ghata – Koltz – Laâbi – La Tour du Pin – Leiris – Lemaire – Luca – Macé – Mallet – Maulpoix – Morand – Neruda – Noël – Novarina – Oster – Paz – Pichette – Pieyre de Mandiargues – Ponge – Queneau – Quignard – Ramos Rosa – Ray – Réda – Ristat – Roche – Rognet – Roubaud – P. de Roux – C. Roy – Sabatier – Sacré – Saint-John Perse – Schehadé – Soupault – Stéfan – Tardieu – H. Thomas – Torreilles – Valente – Velter – Venaille – Verheggen – Bianco – Yourcenar

Non fermiamoci qui: nel 2019 Marie-Claire ha già pubblicato tutto il suo lavoro – 23 titoli se si escludono le pubblicazioni del 2020 e del 2021. Non daremo la colpa all’editore per aver pubblicato autrici/donne dal bagaglio più leggero, visto che la loro professione di fede sottolinea il desiderio di anticipare lo sviluppo di un’opera, svolgendo il ruolo necessario di scopritore e sostegno dei talenti… ci si può interrogare sul ritardo qui, per il nostro autore – che si presenta come collaboratore per 20 opere con questo editore, come specialista in letteratura – e in particolare per i quattro volumi de La Pléiade (raccolta simile ai Meridiani dei Mondadori) delle opere di Anatole France. Perché allora la poeta è così discretamente assente dall’unica collezione di poesie disponibile sugli scaffali delle librerie? Perché non ha ricevuto lo stesso trattamento degli altri (rari) contemporanei, ammessi più rapidamente alla piccola collezione tascabile? Prendiamo ad esempio Venus Khoury-Ghata, nata nel 1937, autrice di una quarantina di romanzi e raccolte, Prix Goncourt de la Poésie nel 2011, e pubblicata nel 2016 con il titolo Le parole erano lupi, poesie scelte, poesie, Poesia / Gallimard… Non si tratta, certo, di contestare la presenza di questa immensa poeta, che porta anche una voce forte, parlando di sradicamento (è nata in Libano), traduttrice, femminista che, in un contesto dove spesso vengono assegnati i premi di poesia agli uomini e dove il paesaggio poetico francese lascia nell’ombra le donne di talento, ha creato, con l’aiuto di Pierre Brunel, nel 2014, un premio di poesia femminile che premia la poesia francese e la poesia straniera tradotta in francese.

Cosa mancava a Marie-Claire Bancquart per limitare la sua “aura” alla cerchia più ristretta degli intenditori di poesia? Questo articolo pone le basi per un’indagine e non pretende di risolvere il problema o di fornire una risposta: intende solo, lanciare delle piste di riflessione da esplorare, porre domande, su quello che a molti sembra ancora uno stato di cose «normale» – la limitata presenza delle donne nel campo delle arti in generale, e della poesia in particolare. E come meglio porre il problema che dando la parola all’autrice stessa, parlando di poesia – e delle sue stesse poesie. Quindi eccola come avrebbe voluto presentarsi:

L’autoritratto che preferirei sarebbe un ritratto alla maniera di Arcimboldo, in cui apparirebbero il gatto, la mela, il merlo, una mappa di Parigi, rovine romane, alcune fotografie preferite, un grande castagno, un disco che riunisca molta  musica, un pomodoro, un libro composto di pagine prese da più libri, …. cose considerate umili mescolate a capolavori; tutto questo formando una domanda, cercando di capire qualcosa della vita (e della morte). È da molto tempo che cerco di fare questo ritratto, sia che scriva poesie, romanzi o studi di letteratura. È sempre in corso.

Nata nel 1932. Lunga malattia, altre solitudini e guerra: la mia infanzia e la mia prima giovinezza non mi hanno amata. Gliele restituisco; ma mi hanno servito da repellente. Studi di lettere; professore in varie università. Attualmente professore emerito alla Sorbona. Per più di mezzo secolo, la vita non è andata senza mio marito Alain, compositore di musica, professore onorario al Conservatorio Nazionale Superiore.

Saggi e articoli: 1-su Parigi e scrittori: io stessa sono innamorata della città; 2-sul periodo letterario 1880-1914 (in particolare, Anatole France e Maupassant), che ci permette di vedere in un microcosmo le questioni che sorgono ai nostri giorni; 3- sulla poesia contemporanea: autori recentemente scomparsi, o raccolte recentissime. Romanzi, poesie…

Scrivere non è solo cercare come vivere (e morire), ma anche impegnarsi in un lungo lavoro sul linguaggio – accuratezza, brevità, silenzi, intensità – che a sua volta incide sulla vita. Mi piace particolarmente la poesia, perché è questa “lingua nella lingua”, di cui abbiamo tanto bisogno contro la politichese. La mia si basa sul corpo (mi affascina il suo interno), le cose, gli spazi, le violenze, gli enigmi tenebrosi o belli che ci circondano.3

Sulla sua vocazione poetica, ecco un estratto di quanto scrisse in Voix Majeures, pubblicato su Poésie 1, nel marzo 2000 e che si può leggere integralmente sul sito di Jean-Pierre Maulpoix, poeta lui stesso riconosciuto dalla piccola poesia / collezione Gallimard.4

Scrivere in ​​poesia…

Quanto a me, sono molto attratta dalle «cose da niente» come il colore delle verdure cadute sotto i banchi del mercato; pozzanghere-specchi; odori da un portamonete; il particolare di una scultura, molto curata nonostante la grande improbabilità che la si guardi, in cima a una colonna di una chiesa; insetti fragili dalla struttura complessa che cadono sul vostro dito in estate. Tutto questo ha una vita intensa, nascosta, e ci fa gridare: “Terra!”

Ma non è per attenermi a queste cose che sono in uno stato di stupore per esse. Per me sono allo stesso tempo loro stesse e un promemoria, tanto più evidente quanto più furtivo, che apparteniamo alla totalità e alla vulnerabilità del mondo. Fanno parte di una formula spaziale che mi seduce. Come mi affascinano certi paesaggi, sopratutto urbani. O paesaggi con rovine, come la campagna romana: con questa interviene anche una formula del tempo, che gioca anche nell’evocazione di leggende o miti. Si passa dall’immediato al passato, con cortocircuiti, con oscillazioni che si innescano spontaneamente, come, a volte, si innescano dalla ciliegia all’universo.

Non credendo né negli dei né in un dio, intendo con questo un universo immanente, un insieme di forze che sono frammentate nei corpi. Per cogliere subito, questi frammenti, in un frammento di tempo! Allora abbagliano; si sente il bisogno di sistemarli. Ma, essendo frammenti, dicono anche una mancanza: questo vive, ma tende e si rompe. Non la riusciamo a cogliere, la totalità. Non vediamo nemmeno l’interno del nostro corpo! Costantemente trasferita dalla celebrazione alla pretesa, all’osservazione di una carenza, ecco come sono stata allo stesso tempo incline a scrivere in poesia, secondo un regime diverso dalla scrittura di critica letteraria di cui mi occupo d’altra parte – mi piace molto cercare di entrare nelle mentalità e nelle tecniche altrui – e diversa anche della scrittura del romanziere, che inventa personaggi e situazioni.

Il mio “scrivere in poesia” è infatti il ​​mio “essere”. Ma c’è altro ancora: questo “essere” si dice con e tramite un’opera di scrittura. Un poeta usa un linguaggio comune a tutti. Non lo inventiamo, ne sono convinta. Mi interessano, ma non mi conquistano, i tentativi di trasformazioni o revisioni generalizzate che si sono manifestati dopo le guerre mondiali. Ma questo linguaggio, un poeta, non lo usa per scopi di comunicazione utilitaristica, o cercando di essere capito subito da tutti. Per questo il lettore o l’ascoltatore di poesie ha spesso bisogno di una certa preparazione, bisogno di cui fortunatamente cominciamo a sentire il bisogno. L’espressione poetica è in continua evoluzione, e questo va, ovviamente, compreso e ammesso; inoltre, parla di ciò che spesso si tace nella società, il non vendibile: l’angoscia, la morte, la felicità del nulla o (e) le felicità estreme, gli impulsi. Insomma, tutto quello che costituisce lo sfondo inquietante della vita!

Le parole in poesia non hanno un significato univoco: come potrebbe essere possibile, dal momento che cercano di esprimere un enigma, altretanto la gioia che l’inquietudine? Questo sembra sicuro, quando si tratta di un oggetto che appare spettrale e fantomatico, specchio (piastrella); ma è anche vero per tutto ciò che osserviamo da vicino chiedendoci cosa significhi. Più le cose sono semplici, più sono misteriose.

Per me è lo stesso, o almeno cerchiamo che sia lo stesso, nella poesia. Più è semplice, più è operata dall’interno dalla violenza e dall’incertezza. La difficoltà non nasce da un’oscura espressione che infittirebbe ulteriormente il mistero, ma da un’improbabilità, che la lingua attraversa con una certa luce. Anche per questo tace. Ruolo del bianco: è distanza e silenzio, un intervallo che mima ciò che ci separa dal mondo e da noi stessi, ma che richiede anche calore e intimità, anche precarie. Ruolo dei divari: singhiozzi all’interno del verso, o improvviso emergere di un ritmo tradizionale e pacifico. Gioco sulla «e» muta, che si crea dei pressoché nel ritmo. Tutto questo essendo bene consapevole che le parole sono solo un approccio, non corrispondono del tutto alle cose, quelle che ho chiamate in Enigmatiques “il braille del vivente”… Un altro intervallo, che si tenta di ridurre scrivendo il più accuratamente possibile, ma senza illuderci: non si potrà cancellare.

Eppure: le parole sono una fortuna. La nostra fortuna, il nostro privilegio. Della sventura del poeta e del fallimento della poesia si è detto tanto che voglio dire quanto, nonostante ogni genere di difficoltà, la poesia mi sembra rappresentare un bisogno vitale, un’energia, un mezzo per “essere (un poco) lì «avvicinandosi al mondo».

Concludiamo con una piccola scelta delle poesie di Marie-Claire Bancquart, testimoniando dell’importanza del corpo nella sua scrittura, ma anche dell’inserzione di questo nell’universo, con i suoi enigmi (vedi la poesia “anamorfosi”) e le sue bruttezze – la poeta testimonia anche dalla violenza del mondo, e della guerra, con l’immagine del rospo, uscito dalle fiabe, e guardiano delle rovini della memoria. Poeta delle “cose di niente”, ma non poeta di niente!

Bête écrivante

Tu comprends quelque chose, toi, la bête écrivante, aux mouvements de fond dans ton corps ?
Par là circulent
les histoires au milieu de l’Histoire au corps froid
ça halète, ça limite, ça apatride dans les béances
ça sonne parfois bien
ça n’est jamais dans l’ordre alphabétique.
Tu marches avec, tu dors avec traversée par des vies d’insectes
d’hommes ou de platanes.
Et ça, tu le sors en paroles.
Voici quelques mots tiédis au passage,
qui s’éparpillent au dehors, témoignant
que tu leur as donné un peu de vie supplémentaire :
clin de temps,
cri d’amour, de refus,
dans un pli d’univers.

Bestia che scrive

Capisci qualcosa, tu, la bestia che scrive, dei movimenti dal profondo del tuo corpo?
Da lì circolano
storie in mezzo alla Storia dal corpo freddo
qualcosa ansima, limita, apolida negli abissi
a volte suona bene
non è mai in ordine alfabetico.
Cammini con esso, dormi con esso attraversata da vite d’insetti
uomini o platani.
E questo, lo tiri fuori da te a parole.
Ecco alcuni termini intiepiditi mentre passano,
che si disperdono fuori, testimoniando
che hai dato loro un po’ di vita in più:
battito breve del tempo,
grido d’amore, di rifiuto,
in una piega dell’universo.

Art Poétique

D’autres
Ont dit naissance.
Moi je dis
La boucle prochaine
La guerre deux mille
Ce qui s’ensuit
Ce qui sans suite
La peau levée mangée
La bête giclée de nous sur les pierres
Ce que je dis
Même
Sera mort.
J’écris pourtant à la douce intelligence des objets
À la contagion de notre travail
De notre bonheur
Sur les atomes
Entrepôt de mémoire à la loterie des planètes
Ma lecture pour l’avenir
Sera
Je ne sais où
Une énergie à peine différente du néant
Minuscule
Inusable. (Partition)

(https://www.poemes.co/marie-claire-bancquart.html)

Arte Poetica

Altri
Hanno detto nascita.
Io dico
Il prossimo ciclo
La guerra del duemila
Cosa segue
Cosa senza seguito?
Pelle strappata mangiata
La bestia schizzata di noi sulle pietre
Quello che dico
Stesso
Sarà morto.
Eppure scrivo alla dolce intelligenza delle cose
Al contagio del nostro lavoro
Della nostra felicità
sugli atomi
Magazzino di memoria alla lotteria dei pianeti
La mia lettura per il futuro
Sarà
Non so dove
Energia appena diversa dal nulla
Minuscola
Indistruttibile. (Partizione)

Anamorphose

Immobiles au fond du tableau
Deux princes.
Sous eux ce mince pain de jour
traversé de taches et de lignes mystérieuses.
Regarde ce tableau de côté, un peu loin.
Une tête de mort éclate aux yeux.
La maladie des princes occupe brusquement la toile.
Les jeunes gens sourient au-dessus d’un temps qui s’effrite.
Où que tu sois
désormais
tu ne vois
que leur air de congé sur les choses.

(“Comme des oiseaux lestés aux pattes” Terre énergumène et autres poèmes, Gallimard-poésie 2019)

Anamorfosi

Immobile in fondo del dipinto
Due principi.
Sotto di loro questo sottile pane del giorno
attraversato da macchie e linee misteriose.
Guarda questo dipinto di lato, un po’ lontano.
Un teschio scoppia agli occhi.
La malattia dei principi occupa improvvisamente la tela.
I giovani sorridono al di sopra di un tempo che si sgretola.
Ovunque tu sia
da ora in poi
non vedi
che la loro aria di congedo sulle cose.

Hans Holbein il Giovane – Gli Ambassadori (Londra)

(Sans titre)

Guerre partout. Ne faites pas mal au crapaud
il a gardé le temps
de la maison en ruines
rose des vents oubliée là
qui a verdi
près du seuil.
La maison a connu des odeurs, des baisers
maintenant, au milieu d’un no man’s land, quelque part sur la terre
elle serait un mot nul de l’histoire
sans cette existence de crapaud
si léger qu’il n’a pas explosé sur les mines.

(in “Dépaysage”, Terre énergumène et autres poèmes, Gallimard-poésie 2019)

(Senza titolo)

Guerra ovunque. Non ferite il rospo
ha mantenuto il tempo
della casa diroccata
rosa dei venti dimenticata lì
rinverdita
vicina alla soglia.
La casa ha conosciuto odori, baci
ora nel mezzo di un no man’s land, da qualche parte sulla terra
sarebbe una parola nulla della storia
senza questa esistenza di rospo
così leggero che non ha esploso sulle mine.

Écrire ?

Oui, pour susciter présence
de toutes les vies
surtout les très minces

étoiles de mer
fourmi sur feuille de bardane

et la feuille même.

Peu, lentement, la vie
affleure au positif
et se suffit.

Sans glose

Marie-Claire Bancquart legge la sua poesia – musica di Alain Bancquart

Scrivere ?

Sì, per suscitare presenza
di tutte le vite
soprattutto quelle molto sottili

stella di mare
formica su foglia di bardana

e la  foglia stessa.

Piano piano, lentamente, la  vita
affiora verso il positivo
e basta a se stessa.

Senza chiosa.

note :

1 – Premio Gustave Le Métais-Larivière, 1970, Premio Broquette-Gonin (letteratura), 1977, Premio della critica dell’Accademia di Francia, 1985, Premio per il saggio della Città di Parigi, Premio d’autunno della Société des people of letter, 1999, Gran Premio dell’Associazione Internazionale dei Critici Letterari, 2001, Premio Kowalski / Gran Premio di Poesia della Città di Lione, 2005, Premio Paul Verlaine, 2006, Premio Robert Ganzo per la Poesia, 2012

2 – http://2 -http://www.gallimard.fr/Divers /Plus-on-the-collection / Poesie-Gallimard / (sourcenode) / 116235

3 – http://marieclairebancquart.blogspot.com

4 – https://www.maulpoix.net/Bancquart.html

Versione francese

Marie-Claire Bancquart peut – et doit – être considérée une voix majeure de la poésie contemporaine. Née, en 1932, et décédée le 19 février 2019, elle publie son premier recueil de poèmes en 1969, suivis de 25 autres titres : six jalonnent les années 70, 5 pour les années 80, 5 encore pour les années 90, 9 dont deux post-mortem, pour les premiers vingt ans du XXIème siècle. Mais elle a aussi publié six romans, des essais notamment consacré à Anatole France (qui fut son sujet de thèse de doctorat, en 1962), Jules Vallès,  Guy de Maupassant, la littérature « fin-de-siècle » et le surréalisme. Membre de la prestigieuse Académie Mallarmé, son œuvre a été distinguée par divers prix littéraires, pour sa poésie, ses romans ou ses essais.1

Toute minute est première, Castor Astral, 2019 – quatrième livre de Marie-Claire Bancquart chez l’éditeur, cette anthologie, préparée par Claude Ber et supervisée par l’auteure elle-même, marque une étape fondamentale dans la bibliographie de l’écrivaine

Marie-Claire Bancquart peut – et doit – être considérée une voix majeure de la poésie contemporaine. Née, en 1932, et décédée le 19 février 2019, elle publie son premier recueil de poèmes en 1969, suivis de 25 autres titres : six jalonnent les années 70, 5 pour les années 80, 5 encore pour les années 90, 9 dont deux post-mortem, pour les premiers vingt ans du XXIème siècle. Mais elle a aussi publié six romans, des essais notamment consacré à Anatole France (qui fut son sujet de thèse de doctorat, en 1962), Jules Vallès,  Guy de Maupassant, la littérature « fin-de-siècle » et le surréalisme. Membre de la prestigieuse Académie Mallarmé, son œuvre a été distinguée par divers prix littéraires, pour sa poésie, ses romans ou ses essais.1

Intellectuelle et passeuse de savoir, elle enseigne à l’université et finit sa carrière à La Sorbonne dont elle devint professeur émérite en 1994. Parcours intellectuel brillant et reconnu, d’une femme qui fut aussi l’épouse du compositeur Alain Bancquart, avec qui elle signa plusieurs œuvres, cantates ou oratorios, tissés de thèmes et figures mythologiques : peut-on donc donc parler d’invisibilité à son égard ?

Comme je l’ai signalé dans le précédent article consacré au débat sur l’écriture féminine, cette notoriété ne lui a toutefois pas permis d’être publiée dans la collection de poche des éditions Gallimard (Gallimard-poésie) avant 2019, et donc malencontreusement juste après sa mort.   Une rapide consultation du site de cette collection – la seule qui se trouve à disposition dans les librairies où la poésie a bien du mal à exister – permet de lire que :  « Jusqu’en 1971, seuls des titres d’auteurs du XXe siècle y sont publiés (Saint-John Perse, Ponge, Char…) ; avec l’édition de recueils d’Yves Bonnefoy (venu du Mercure de France), Jean Grosjean, Guillevic, Philippe Jaccottet…, la collection amplifie l’audience des auteurs contemporains et soutient, voire anticipe et motive, la prescription .(caractère gras de l’autrice) Chaque recueil est accompagné d’un appareil critique et d’une présentation du poète par l’un de ses pairs ou par un critique. » 

Si on a bien lu la liste des publications de Marie-Claire-Bancquard donnée dans mon introduction, on est en droit de se demander dans quelle mesure on anticipe la prescription après tant de titres, et le décès de l’autrice… Regardons plus loin le catalogue qui affiche 560 publications, dont 40 anthologies, et qui se prépare à accueillir un livre de la poète québecoise Denise Desautels, ce qui est une excellente nouvelle : contentons-nous d’observer la liste des auteurs publiés de 2019 et 2020 (en gras, les femmes) :

Robert Desnos, Roberto Juarroz , Théocrite, Alicia Gallienne, Lorca, Marot,Edouard Glissant, Baudelaire, Aksinia Mihayl Ova, Erri de Luca, Eric Sarner, François Sureau, Jehan Rictus, Rûmi, Pasolini, Charles Juliet, Lydie Dattas, Andrée Chedid, Paul Valet, André Velter,  Frédéric-Jacques Temple, J-K Huysmans, Jean-Marie Barnaud, Armand Gatti, Georges Perros, Louis Aragon, Lord Byron, Jean-Paul Michel, François Cheng, Marie-Claire Bancquart, Christine de Pizan,

Soit 31 auteurs, dont 6 femmes… soit moins de 20% (et qu’on ne parle pas d’un effet dû à la sélection limitée des dates : un rapide parcours des 2 pages suivantes donne un rapport de 3 sur 20… On pourrait même parler d’une amélioration.)

Reprenons textuellement la description du projet de cette collection, et nous constaterons que la proportion des autrices citées est encore plus réduite, car sauf erreur de lecture, je relève 3 noms de femmes dont la seule Vénus Khoury-Ghata est d’expression française : « Quant à la présence des auteurs vivants, elle obéit à l’un des buts essentiels de la collection : mettre au contact l’ensemble des grandes œuvres du passé avec celles qui, aujourd’hui, sont parmi les plus représentatives et les plus singulières, d’Adonis à Franck Venaille, de Philippe Jaccottet à Jean-Pierre Verheggen, de Tahar Ben Jelloun à Yves Bonnefoy, Christian Bobin, Michel Butor, François Cheng, Georges-Emmanuel Clancier, William Cliff, Michel Deguy, Philippe Delaveau, Kiki Dimoula, Hans Magnus Enzensberger, Lorand Gaspar, Guy Goffette, Pentti Holappa, Michel Houellebecq, Ludovic Janvier, Alain Jouffroy, Nuno Judice, Gérard Macé, Jean-Michel Maulpoix, Bernard Noël, Valère Novarina, Pierre Oster, Pascal Quignard, Lionel Ray, Jacques Réda, Jean Ristat, Jacques Roubaud, Paul de Roux, Jude Stéfan et Kenneth White, désormais rejoints par Olivier Barbarant, Zéno Bianu, Xavier Bordes, Jacques Darras, Alain Duault, Emmanuel Hocquard, Vénus Khoury-Ghata, Anise Koltz, Abdellatif Laâbi, Jean-Pierre Lemaire, Richard Rognet et James Sacré. Une telle énumération suffit à souligner combien l’ensemble du champ poétique, dans sa diversité, dans sa richesse, dans ses lignes de fracture aussi, se retrouve en « Poésie/Gallimard »2

Impression que ne corrige pas la lecture de la suite, qui liste « Les auteurs publiés de leur vivant 

Hors anthologies : Adonis — Andrade — Aragon — Barbarant — Ben Jelloun — Bianu — Bobin — Bonnefoy — Bordes — Borges — Bosquet — Boulanger — Butor — Caillois — Césaire — Char — Cheng — Clancier — Cliff — Darras — Darwich — Deguy — Delaveau — Dimoula — Duault — Du Bouchet — Dupin — Enzensberger — Follain — Fombeure — Frénaud — Gaspar — Glissant — Goffette — Grosjean — Guillevic — Hocquard — Holappa — Houellebecq — Jabès — Jaccottet — Janvier — Jouffroy — Jouve — Júdice — Khoury-GhataKoltz

Laâbi — La Tour du Pin — Leiris — Lemaire — Luca — Macé — Mallet — Maulpoix — Morand — Neruda — Noël — Novarina — Oster — Paz — Pichette — Pieyre de Mandiargues — Ponge — Queneau — Quignard — Ramos Rosa — Ray — Réda — Ristat — Roche — Rognet — Roubaud — P. de Roux — C. Roy — Sabatier — Sacré — Saint-John Perse — Schehadé — Soupault — Stéfan — Tardieu — H. Thomas — Torreilles — Valente — Velter — Venaille — Verheggen — White — Yourcenar Ne nous arrêtons pas en si bon chemin : en 2019, Marie-Claire a déjà publié donc l’ensemble de son œuvre – 23 titres si on exclut les publications de 2020 et 2021. On ne reprochera pas à l’éditeur de publier des auteurs/trices ayant de plus légers bagages, puisque leur profession de foi souligne le désir d’anticiper sur le développement d’une œuvre, jouant le rôle, nécessaire, de découvreur et soutien de talents… on peut s’interroger sur le retard pris ici, pour notre autrice – qui figure comme collaboratrice pour 20 ouvrages chez cet éditeur, en tant que spécialiste de littérature – et notamment les quatre volumes de La Pléiade (collection similaire aux Meridiani de la Mondadori) des œuvres d’Anatole France.

Pourquoi donc la poète est-elle si discrètement absente de l’unique collection de poésie accessible dans les rayons des libraires? Pourquoi n’a-t-elle pas eu le même traitement que d’autres (rares) contemporaines, plus rapidement admises dans la petite collection de poche ? Prenons par exemple Vénus Khoury-Ghata, née en 1937, autrice d’une quarantaine de romans et recueils, Prix Goncourt de la Poésie en 2011, et publiée dès 2016 avec le titre Les mots étaient des loups, poèmes choisis, poèmes, Poésie/Gallimard… Il ne s’agit pas, bien entendu, de contester la présence de cette immense poète, qui est elle aussi porteuse d’une voix forte, parlant de déracinement (née au Liban), traductrice, féministe qui, dans  un contexte où les prix de poésie sont souvent remis à des hommes et où le paysage poétique français laisse dans l’ombre des femmes de talent, a créé,  avec l’aide de Pierre Brunel, en 2014 un prix de poésie au féminin qui récompense la poésie française et la poésie étrangère traduite en français.

Qu’a-t-il manqué à Marie-Claire Bancquart pour que son « aura » se limite au cercle plus restreint des connaisseurs de poésie ? Cet article pose les bases d’une enquête, et ne prétend pas résoudre le(s) problème(s) ni apporter de réponse – juste, lancer des pistes, poser des questions, sur ce qui semble encore pour beaucoup un état de faits « normal ». Et comment mieux poser le problème qu’en donnant la parole à l’autrice elle-même, parlant de poésie – et à ses poèmes eux-mêmes. La voici donc telle qu’elle aurait souhaité se présenter :

L’autoportrait que je préférerais, ce serait un portrait à la manière d’Arcimboldo, où figureraient le chat, la pomme, le merle , un plan de Paris, des ruines romaines, quelques photographies aimées, un grand châtaignier, un disque réunissant bien des musiques, une tomate, un livre fait de pages prises à plusieurs livres, ….des choses réputées humbles mêlées aux chefs-d’oeuvre ; tout cela formant une interrogation, essayant de s’y retrouver dans la vie (et la mort). J’essaie depuis longtemps de le faire, ce portrait, que j’écrive des poèmes, des romans, ou des études sur la littérature . Il est toujours en route.
Née en 1932. Longue maladie, d’autres solitudes, et la guerre : mon enfance et ma première jeunesse ne m’ont pas aimée. Je le leur rends bien; mais elles m’ont servi de révulsif. Études de lettres;professeur dans diverses universités. Actuellement, professeur émérite à la Sorbonne. Depuis plus d’un demi-siècle, la vie ne va pas sans mon mari Alain, compositeur de musique, professeur honoraire au Conservatoire national supérieur.

Essais et articles : 1-sur Paris et les écrivains : je suis moi-même une amoureuse de la ville ; 2-sur la période littéraire 1880-1914 (en particulier, Anatole France et Maupassant), qui permet de voir dans un microcosme les questions qui se posent dans le temps présent; 3- sur la poésie contemporaine: auteurs récemment disparus, ou recueils tout récents. Romans, poèmes…
Écrire, ce n’est pas seulement chercher comment vivre (et mourir) , mais aussi se livrer à un long travail sur la langue – justesse, brièveté, silences, intensité -, qui à son tour retentit sur la vie. J’aime particulièrement la poésie, parce qu’elle est cette ” langue dans la langue”, dont nous avons grand besoin contre la langue de bois. La mienne se fonde sur le corps (une fascination pour son intérieur), les choses , les espaces, les violences, les énigmes noires ou belles qui nous entourent.
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Sur sa vocation poétique, voici un extrait de ce qu’elle écrit dans Voix Majeures, publié dans Poésie 1, en mars 2000 et qu’on peut lire en intégralité sur le site de Jean-Pierre Maulpoix, poète lui-même reconnu par la petite collection poésie/gallimard4

Ecrire en poésie...

Je suis quant à moi très attirée par les « choses de rien » couleur de légumes tombés sous les étals du marché; flaques-miroirs; odeurs d’un porte-monnaie ; détail de sculpture, très soigné malgré la grande improbabilité qu’on le regarde, tout en haut d’une colonne d’église; insectes fragiles et de structure complexe qui vous tombent sur un doigt, l’été. Tout cela vit fort, à la dérobée, et nous fait crier: « Terre! »

Mais ce n’est pas pour m’en tenir à ces choses que je suis en état d’étonnement devant elles. Pour moi, elles sont, à la fois, elles-mêmes et un rappel, d’autant plus notable qu’il est plus furtif, que nous appartenons à la totalité et à la vulnérabilité du monde. Elles font partie d’une formule de l’espace qui me séduit. Comme me séduisent certains paysages, essentiellement urbains. Ou encore des paysages avec ruines, telle la campagne romaine: avec celle-là intervient aussi une formule du temps, qui joue également dans l’évocation de légendes ou de mythes. On va de l’immédiat au passé, par courts-circuits, par sautes qui se déclenchent spontanément, comme, quelquefois, elles se déclenchent de la cerise à l’univers.

Ne croyant ni aux dieux ni à un dieu, je désigne par là un univers immanent, un ensemble de forces qui sont fragmentées dans les corps. A saisir sur-le-champ, ces fragments, dans un fragment de temps! Ils éblouissent alors; on ressent le besoin de les fixer. Mais, fragments, ils disent aussi un manque : ça vit, mais ça crispe et ça casse. On n’arrive pas à la saisir, la totalité. Dire que nous ne voyons même pas l’intérieur de notre corps ! Constamment transférée de la célébration à la réclamation », à la constatation d’une carence, c’est comme cela que j’ai du même coup été portée à écrire en poésie, selon un régime autre que l’écriture du (de la) critique littéraire que je suis d’autre part -aimant beaucoup essayer d’entrer dans les mentalités et techniques des autres – et encore autre que l’écriture de la romancière, qui invente des personnages et des situations.

Mon « écrire en poésie », c’est bien mon « être ». Mais il y a encore autre chose: cet« être» se dit avec et par un travail d’écrire. Un poète utilise une langue qui est à tout le monde. On ne l’invente pas, j’en suis persuadée. Je suis intéressée, mais pas conquise par les essais de transformations ou de biffures généralisées qui se sont manifestés depuis les guerres mondiales. Mais cette langue, un poète ne l’emploie pas à des fins de communication utilitaire, ou en essayant d’être compris tout de suite par tout le monde. C’est pour cela que le lecteur ou l’auditeur de poésie a souvent besoin d’une certaine préparation, dont on commence heureusement à sentir la nécessité. L’expression poétique est toujours en évolution, ce qu’il faut, bien sûr, comprendre et admettre; en outre, elle parle de ce dont on se tait souvent dans la société, le pas vendable : angoisse, mort, bonheur de riens ou (et) bonheurs extrêmes, élans. Ce qui constitue le fond dérangeant de la vie, quoi !

Les mots dans la poésie n’ont pas une signification univoque : comment serait-ce possible, puisqu’ils essaient d’exprimer une énigme, aussi bien de la joie que de l’inquiétant ? C’est bien certain, quand il s’agit d’un objet qui apparaît fantomal et fantomatique, miroir (carrelage); mais c’est vrai de tout ce qu’on regarde de près en se demandant ce que ça veut dire. Plus les choses sont simples, plus elles sont mystérieuses.
Pour moi, il en va de même, ou du moins on essaie qu’il en aille de même, dans le poème. Plus c’est simple, plus c’est travaillé de l’intérieur par des violences et des incertitudes. La difficulté ne vient pas d’une expression obscure qui épaissirait encore le mystère, mais d’un improbable, que la langue traverse d’une certaine lumière. Pour cela, elle se tait, aussi. Rôle du blanc: il est distance et silence, intervalle qui mime celui qui nous sépare du monde et de nous-mêmes, mais qui appelle aussi aux chaleurs et aux intimités, même précaires.Rôle des décalages: hoquets à l’intérieur du vers, ou surgissement subit d’un rythme traditionnel et apaisé. Jeu sur l’e muet, qui établit des à-peu-près dans le rythme. Tout cela en sachant bien que les mots ne sont qu’une approche, ne correspondent pas tout à fait aux choses, eux que j’ai appelés dans Énigmatiques « le braille du vivant »… Encore un intervalle, qu’on essaie de diminuer en écrivant au plus juste, mais sans se leurrer: on ne le supprimera pas.
N’empêche: ils sont une chance, les mots. Notre chance, notre privilège. On a tellement parlé du malheur du poète et de l’échec de la poésie, que je tiens à dire combien, malgré des difficultés en tout genre, la poésie me semble représenter un besoin vital, une énergie, un moyen d’« être (un peu) là » en approchant le monde. »

En guise de conclusion, une petite sélection de poèmes de Marie-Claire Bancquart (voir dans la partie en italien), témoignant de l’importance du corps dans son écriture, mais aussi de son insertion dans l’univers, avec ses énigmes (voir le poème « anamorphose ») et sa laideur. La poète témoigne aussi de la violence du monde, et de la guerre, à l’image du crapaud, sorti des contes de fées, et gardien des ruines de la mémoire. Poète des “choses de rien”, mais pas poète de rien !

One thought on “Marie-Claire Bancquart, poeta delle cose da niente [ita, fra]

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