Con questa intervista, prende avvio la rubrica Latitudini/Latitudes. Latitudini, distanze e lontananze misurate lungo i meridiani delle lingue, paralleli poetici, narrativi, traduzioni che valicano gli emisferi linguistici, prospettive culturali diverse che disegnano la rete del mappamondo di culture che abitiamo. La rubrica “Latitudes/Latitudini” ospiterà interviste e dialoghi con autrici da tutto il mondo che scrivono in una lingua diversa da quella madre, artiste che sperimentano culture diverse, in viaggio lungo i meridiani della scrittura, incarnando esperienze che sono il riflesso di una transnazionalità molto più diffusa – seppur per motivazioni diverse e disparate- e anche di una fluidità culturale sempre maggiore. Curatrici della rubrica: Valentina Di Cesare e Viviana Fiorentino
With this interviews we start the new coloums Latitudini/Latitudes. Latitudes, distances and separations measured along the meridians of languages, poetic parallels, narratives, translations that cross the linguistic hemispheres, different cultural perspectives that draw the map of world cultures we live in. The “Latitudes / Latitudini” section will host interviews and dialogues with women authors from all over the world who write in a language other than their mother tongue, artists who experience different cultures, traveling along the meridians of writing, embodying experiences that are the reflection of a wider transnationality – for different and disparate reasons – in a ever greater cultural fluidity. Curator of the coloumn: Valentina Di Cesare and Viviana Fiorentino
Helene Paraskeva è nata ad Atene e ha studiato in Grecia, in Italia e nel Regno Unito. Vive a Roma. Ha insegnato in un Liceo Linguistico e ha portato avanti progetti interculturali in collaborazione con ONG, Enti Locali e Università contribuendo al Rapporto dell’Osservatorio sulle Migrazioni (IDOS, di Caritas Migrantes, 2009/2010/2011). Ha pubblicato raccolte di poesie in lingua italiana e in lingua greca, un dramma storico, un testo interculturale in lingua inglese, una raccolta di racconti e un romanzo, entrambi in lingua italiana. Ha pubblicato la raccolta di poesie bilingue Storie, sogni e segreti (Fuis, 2018). Ha tradotto l’antologia bilingue dei poeti greci contemporanei Pegaso Greco (Fuis, 2018). Nel 2019 è stata premiata dalla Società dei Traduttori di testi letterari greci per le sue traduzioni nel il Pegaso Greco. Ha collaborato con la rivista settimanale «Internazionale» (2009-2011). Fa parte della Compagnia delle poete.
Viviana e Valentina: Come è approdata alla poesia italiana e come ha scelto di scrivere in italiano? Ci racconti qualcosa della tua storia?
Helene Paraskeva: Ho sempre scritto poesie, fin dagli anni di scuola elementare. All’Università di Atene, nella Facoltà di Lingue e Letteratura Anglo-Americana scrivevo poesie in inglese per la rivista Universitaria. Il passaggio di scrivere (poesia e prosa) non è stato necessariamente dal greco all’italiano.
Viviana e Valentina: Come racconterebbe il suo passaggio dalla poesia in greco a quella in italiano?
Helene Paraskeva: Ho trascorso una fase di rabbia nei confronti della mia madrelingua, chiamiamola pure di “distanziamento” voluto. Durante quel periodo ho scritto e pubblicato racconti (Il Tragediometro e altre storie, FaraEditore, 2003) e (Nell’uovo cosmico, FaraEditore, 2006) e altri racconti sparsi e pubblicati qua e là. Ho pubblicato poesie nelle mie raccolte Meltemi (La vita felice, 2014), L’odor di gelsomino egeo (La vita felice, 2014) Lucciole imperatrici (Lieto colle, 2013) recuperando gradualmente il rapporto con la madrelingua. Successivamente, ho pubblicato altre due raccolte poetiche in greco questa volta (Γλέντι Τρελό, Roma, 2015; Θαλασσινά Παράθυρα, Vergina, 2017).
Per farla breve, il mio passaggio poetico vero e proprio è stato dall’italiano al greco ed è proceduto parallelamente al recupero della mia madrelingua. Nell’anno 2018, ho pubblicato una raccolta di poesie bilingue greco-italiano, Storie, Sogni e Segreti (Fuis, 2018) e nello stesso anno, ho tradotto in italiano un’antologia di poeti greci, Pegaso greco, (Fuis, 2018) in collaborazione con il Professor Zoras, Professore di Lingua e Letteratura italiana presso l’Università di Atene. Questi ultimi due lavori hanno anche significato un recupero completo e riavvicinamento con la lingua madre e la mia identità.
Viviana e Valentina: Quali sono le sorprese di scrivere in una lingua che non è la propria lingua madre? Pensiamo alle novità nell’impostazione sintattica, le invenzioni semantiche, un certo uso della perifrasi?
Helene Paraskeva: Dopo tanti anni, la sintassi italiana non ha molti segreti per me e neanche le strutture morfologiche della lingua. Ovviamente, gli errori sono sempre in agguato, diciamolo con umiltà. D’altra parte, qualche violazione consapevole delle regole può contribuire al gioco poli-semantico della Poesia. Questi, però, sono i segreti del mestiere che non rivelerò.
Viviana e Valentina: Quali sono i temi che le sono più cari? Pensa che vi sia un nesso tra i temi scelti e la lingua nella quale si scrive?
Helene Paraskeva: I temi sono vari da non confondere con i riferimenti formali. Vorrei dire che i contenuti possono essere di ogni tipo, storico o personale o di attualità o altro. Ma i riferimenti formali sono un’altra cosa e possono anche essere mitologici ma non sono sistematici e mi tengo lontana da riferimenti folkloristici. Tutto questo non senza ironia a volte anche satira. C’era un periodo che era di moda la “letteratura della migrazione”. La chiave-criterio era la provenienza geografica del poeta/scrittore insieme ad un certo esotismo. Confesso che non mi sono tenuta lontana da questa moda, del resto non esisteva un altro modo di presentare le proprie poesie. Credevo e credo che non ci siano confini e colori nella Poesia. Qualche volta sono stata anche emarginata per questa opinione che mi sembra un’ovvietà.
Viviana e Valentina: Scrive in greco? E lo scrivere in italiano ha influenzato la sua scrittura in greco?
Helene Paraskeva: Scrivo in entrambe le lingue e penso che ci sia un’influenza reciproca, un legame stretto, indissolubile che riflette l’espressione della mia identità.
Viviana e Valentina: Che gioco ha avuto essere donna nella scrittura e nella possibilità di avere voce nel panorama editoriale?
Helene Paraskeva: Essere donna complica le cose. Complica le cose ancora di più essere poete, termine coniato da Brenda Porster, poeta statunitense e compagna nella Compagnia delle Poete fondata da Mia Lecomte. Ma penso che la Poesia debba essere libera. La Poesia non deve servire a nessuno, come ha detto Oscar Wilde. La Poesia non deve essere etichettata e non appartiene a nessuna categoria ma proprio per questo può rientrare in tutte le categorie e poi anche uscirne.
Ho scelto di inviarvi quattro mie poesie e spero di sorprendervi.
Cose da donne
Cantaci Milly-Molly mollemente
Di private, misteriose
Odorose cose femminili.
Negavano alle detenute
I colonnelli acqua e servizi.
“Osano ribellarsi?
Nel loro sangue falle marcire allora.
Femmine sono! Donne!
Sono ferite aperte, sanguinanti!
Devono obbedienza anche per questo!”
Di ghigno vesti la retorica
Di autorità travesti la sopraffazione
E cantaci, oh Musa Milly-Molly
Cantaci
Di quelle vergognose cose,
Femminili e molli!
(L’Odor del gelsomino egeo, La Vita Felice, 2014)
La bella addormentata (e il fotografo)
Mi aveva imprigionato il braccio
Con una morsa a penoso scatto
Il fotografo brusco e acre.
Nel bosco incantato
I tacchi a spillo
Affondavano nel fango.
Lui mi interrogò se al risveglio
Avessi avuto freddo
E un incubo improvviso
Mi si strinse addosso.
“Voglio la realtà della tua camera oscura.”
Dalla penombra delle luci rosse
Si stagliava il suo profilo leso.
“Facciamo in fretta! Dai, non ti spogliare!”
E mi sentivo strangolare, penetrare,
Pungere dall’emozione mista
Dell’illecito piacere sul momento disprezzato.
Stringendomi la nuca svalutata
Nella camera oscura ribassata
Disse il fotografo sprezzante:
“Però! Sembravi meglio addormentata.”
(L’Odor del gelsomino egeo, La Vita Felice, 2014)
Di colore in-colore
Nascono
Trasparenti dal barcone
Nero disperso, bruno spaventato
Grigio smarrito, dal respiro cupo.
Sommergono
Padri, fratelli e figli
I fari gialli
E cancellano legami
Rosso sangue
Lì da sempre, che non sono più.
Sbarcano
Semivivi, di colore umano
Dalla distesa viola
Che ai villeggianti piace
Turchese o anche azzurra.
E sugli scogli si domanda
“Come li vedi i pesci?
Mangiano ancora
Carne umana oppure no?”
“Come lo vedi il mare?
E’ piuttosto nero?
E’ rosso ancora?
O è già tornato blu?”
(Lucciole Imperatrici, LietoColle, 2012)
Al bar della vecchia torre
Devi saper stare
In questa città in fila
Davanti alla cassa
Per guadagnare spazio e tempo
Davanti al bancone
Senza sgomitare, senza esagerare.
Devi salutare con voce sicura
Con l’accento giusto
Per farti rispondere.
Altrimenti sei la nullità
Sei lo spaccone
Sei perdente in ogni caso.
Devi consumare svelto
In questa città in fila
Mostrare che hai gradito
Il buon caffè
Senza strafare,
Senza esagerare.
Devi saper giocare bene
Questo gioco pesante
Di sorrisi, accenti, sguardi
In questa città eterna
Che aspetta in fila.
Ma prima devi farti rispettare.
(Storie Sogni e Segreti, Fuis, 2018)
© Valentina Di Cesare & Viviana Fiorentino
© Helene Paraskeva
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