“La voce fissa le immagini”: un’intervista a Marilyne Bertoncini, poeta bilingue e traduttrice.

di Valentina Di Cesare e Viviana Fiorentino

Latitudini/Latitudes

Marilyne Bertoncini è poeta, traduttrice e co-editrice della rivista online Recours au Poème. Vive tra Nizza e Parma. Tra le sue raccolte di poesie più recenti: L’Anneau de Chillida (L’Atelier du Grand Tétras 2018), Mémoire vive des replis / Memoria viva delle pieghe (edizione bilingue, PVTST 2019) e Sable (Transignum 2019). Le sue poesie sono state anche tradotte in tedesco e rumeno. Le sue traduzioni di poeti inglesi e australiani, e la sua raccolta Labyrinthe des Nuits sono state pubblicate da Recours au Poème éditeurs, così come la sua traduzione delle poesie di Ming Di, Livre des 7 Vies.

Valentina e Viviana: Hai vissuto tra Nizza e Parma e sei bilingue. Qual è il tuo rapporto rispettivamente con il francese e l’italiano, specie nel momento della produzione scritta?

Marilyne Bertoncini: Questa è una domanda interessante. Non sono bilingue da sempre con l’italiano e prima di Nizza, vivevo a Lille, nelle Fiandre, il mio bilinguismo iniziale era con l’inglese…Ma la vita ha fatto sì che io mi legassi a Parma, e l’italiano è diventato la mia lingua preferita in molte occasioni, e particolarmente quando penso di scrivere poesie. Spesso, i brani di parole e di versi mi vengono prima in italiano, e le trasferisco in francese. Altre volte i miei scritti vengono nelle due lingue, a secondo del momento e del luogo della scrittura: mentre stavo in Italia, scrivevo in italiano poi tornata in Francia, trascrivevo lo scritto e così facendo, trasformavo il testo, perché i suoni spesso non mi aggradavano nell’altra lingua; dunque, tornavo al testo iniziale e lo trasformavo. I libri scritti all’epoca quando trascorrevo lunghi periodi a Parma sono fratelli: una versione francese (pubblicata) e una italiana, non completamente gemelle.

Valentina e Viviana: Cosa significa in questo momento essere una scrittrice di poesie in Francia?

Marilyne Bertoncini: Se intendi per il campo culturale e letterario, direi quasi niente: la poesia è parente molto povera della cultura. Per la gente, in generale, è una cosa stranissima:  sei un individuo originale poco adatto alla vita, un essere strambo al quale importa poco il denaro, e che non sa che farsene. Se mi chiedete cosa significa per me invece, la poesia è importantissima: essa (e per questo hanno ragione) è l’ultima “frontiera” nel senso americano del termine, un territorio ancora libero, dove si produce gratuitamente qualcosa che non è utile al sistema capitalista. Ricordo di aver letto un libro anni fa di Gilles Deleuze, a proposito di Kafka, Per una letteratura minore,  sul quale avevo imposto un’analisi delle letterature marginali. Tale ragionamento si applica alla poesia: è una dunamis, una forza che è anche dinamite, capace di fare esplodere (modestamente, a livello di chi la riceve) il reale e il sentimento di falsa comodità o quello penoso del tutto è vano. D’altronde, una rivista australiana di poesia nella quale ho più volte pubblicato si chiama Cordite, mi sembra perfetto per la poesia. Con le parole abbiamo un potere, e nessuno  se ne può appropriare. La poesia, checché si creda o dica, è recepita da tutti, in un modo o un altro. Che ti faccia agire, che ti permetta di uscire dalla contingenza, agisce: è un ricorso, che mi sento in dovere di proporre e questo è il nome della rivista della quale mi occupo ovvero Recours au poème: vedo la poesia come un kit di pronto soccorso, in casi d’urgenza, di disperazione, di rabbia. C’è sempre la poesia che ti rammenti dall’infanzia, quella che salta dalle pagine del libro, e ti cura.

Valentina e Viviana: Tu sei anche traduttrice di poeti inglesi e australiani. Potresti dirci cosa vuol dire per te tradurre e quali sono gli strumenti imprescindibili dei quali non puoi fare a meno mentre traduci?

Marilyne Bertoncini: Tradurre è una necessità – perché mi piace scoprire altri pensieri, altri mondi, e perché voglio offrire anche agli altri la possibilità di scoprirli – questo fa parte della “missione” poetica della quale parlo sopra. Poi, mi piacciono le parole, e mi affascina molto il fatto che l’uomo possa descrivere il mondo, e costruirlo con parole a volte così diverse. Per tradurre, bisogna leggere molto nelle lingue che conosci, certi autori a volte sono tanto lontani dalla tua forma mentis, dalle tue scelte estetiche…Traduco soprattutto poesia, ma m’informo dello stato della lingua leggendo tanti altri testi. Poi, ho sempre i dizionari accanto a me. Per essere precisa, sono un poco più lontani da quando ho internet ma sono numi tutelari anche quelli che non servono, conservo i vecchi assieme ai più recenti. La lingua evolve sì, ma è importante tenere traccia di quello che sparisce. Internet è una finestra gigantesca sul mondo e sulle lingue – se non trovo una parola, la cerco in articoli specifici – come ho dovuto fare per una poesia di Alberto Bevilacqua, in Poema del Fango, che usava una bellissima parola “ansana” – assolutamente introvabile, che ho potuto capire partendo da un dizionario del mare francese, che parlava di “ansaine” (ma non chiedetemi cosa sia con esattezza, questo l’ho dimenticato) .

Valentina e Viviana: Com’è stata invece, come autrice, l’esperienza di essere tradotta in altre lingue?

Marilyne Bertoncini: Si è trattato di un’esperienza particolare soprattutto perchè non conosco queste altre lingue e la loro grafia: mi meraviglia pensare che le mie parole possano assumere forme strane come quelle del cinese, dell’ebraico, dell’arabo, come nell’ultima traduzione fatta dall’amico poeta Raed Al-Jishi – così misterioso per me. Con le lingue a me più vicine (il tedesco o lo spagnolo), ho avuto la soddisfazione di comunicare molto con gli amici poeti che le hanno fatte; questo per me è importante, sentire che la musica rimane, anche se un poco diversa, ma in una lingua trattata per diffondere armonia.

Valentina e Viviana: Ci sono molte immagini nella tua poesia, e la tua poesia ha un aspetto anche visivo nella divisione dei versi e delle parole. Qual è la relazione tra le immagini, la poesia e il suo processo creativo? E vi è una relazione con l’usare e parlare tante lingue?

Marilyne Bertoncini: Il plurilinguismo, secondo me, mi fa ricercare le soluzioni sonore le più adatte al mio scopo. Io scrivo anche molto con la musica: non sempre ascolto musica mentre scrivo, ma vivo in un ambiente musicale particolare; per l’ultimo libro L’Annegata di Oganawa (non tradotto in italiano), ero in un vortice di musica di Laurie Anderson e il Kronos quartet – e questo ha fatto nascere la struttura del racconto. Ascoltavo Haendel scrivendo Re-Cervo, o Piazzolla e il bandoneon mentre pensavo a Memoria viva delle pieghe.

L’aspetto visivo delle mie poesie, secondo me è più legato all’attenzione portata ai dettagli (forse perché sono miope? Non scherzo). Penso al modo nel quale Tanizaki parla di cose minime in Elogi dell’ombra, una traccia di vetustà, l’importanza di una luce, l’usura di un tessuto…Amo profondamente la materia, la scruto,  probabilmente diventa allora parte della mia ispirazione, così come le altre sensazioni che essa ti procura.

Valentina e Viviana: Tu sei redattrice di Recours au Poème, una rivista online che dà voce ad autrici e autori provenienti da tutto il mondo. Ci racconti di più del progetto?

Marilyne Bertoncini: Molto volentieri: questa rivista è stata creata alla fine del 2012, inizio 2013 e ho cominciato a tradurre delle poesie per loro, perchè il poeta Barry Wallenstein aveva richiesto che fossi l’unica sua traduttrice e l’invito mi ha reso molto felice. Ho ripreso la direzione della rivista nel 2015, assieme ad altri poeti, e l’attuale mia complice, Carole Mesrobian, che è arrivata nel 2017. L’intento iniziale era di “scuotere” un mondo letterario un poco addormentato, e di proporre gratuitamente, usando tecniche contemporanee quale internet e l’informatica, della poesia contemporanea di qualità a tutti ed ovunque nel mondo. La nostra era una vocazione internazionale sin dall’inizio. Dopo un imprevisto accaduto alla fine del 2017, abbiamo  cambiato l’aspetto del sito, continuando nella linea dei fondatori, sviluppando la pubblicazione di testi in lingue, aggiungendo una pagina Soundcloud per fare sentire la voce delle poesie in lingua, poi un canale Youtube. Abbiamo creato sinergie con il progetto di Giovanna Iorio, per esempio, la sua Poetry Sound Map, della quale siamo soci.

Valentina e Viviana: Pensi che le donne siano equamente rappresentate nell’arte e nei festival, in Francia e in Italia?

Marilyne Bertoncini: Stranamente direi di sì, almeno per la poesia: il notissimo festival Voix vives è diretto da una donna, Maïthé Valles-Bled, più riviste di poesia sono dirette da donne, non soltanto Recours au poème. Numerose sono anche le donne che scrivono poesia. Però, se si considera che la poesia è un frammento marginale della cultura, non è tanto sorprendente. Bisognerebbe vedere quante sono le donne premiate, in rapporto agli uomini, quante sono pubblicate da case editrici rinomate in rapporto agli uomini, e così facendo si noterebbe l’abisso. Numerose ma non riconosciute tanto quanto gli uomini ma del resto non è una cosa recente, e si potrebbe fare una lista lunga di donne sparite col passare degli anni, quando al contrario ci si ricorda di poeti della loro epoca che però non avevano più valore di loro. Mi vengono in mente ad esempio Marcellina Desbordes-Valmore, nell’Ottocento, o all’ inizio del novecento Lucie Delarue-Mardrus, scrittrice innovatrice quasi dimenticata.

AEONDE

I chose a mournful Muse

(Haendel, Alexander’s Feast)

Au jardin une grive draine

frotte

de la pointe du bec

les écailles rouillées de la grille fermée

La bruine ce matin a brûlé les parterres

et des fantômes d’arbres secouent leurs bras en pleurs

Au tremblé de la voix se figent les images

Eprise de reflets

l’eau givre comme le tain

dans  le miroir où s’éternise

la mercurielle floraison

Le réel ondoyant glisse sur la surface

se greffe au filigrane

des fûtaies endormies

sous le grenu grésil du vif-argent terni

A ces images entée

je franchis les confins qu’aux choses assignent les paroles

Le monde spéculaire ouvre sur l’infinie

blancheur

où naissent les étoiles

L’éclat d’anciens désastres y meurt en des lueurs

de soleils incendiés

et des visions parfois

fugitives

s’y lisent

AEONDE

Nel giardino una tordella

scheggia

con la punta del becco la ruggine

del cancello chiuso

La brina del mattino ha bruciato

le aiuole e fantasmi d’alberi scuotono

le loro piangenti braccia

L’acqua

dei riflessi invaghitasi  gela

come lamina di stagno

nello specchio dove s’eterna la flora mercuriale

Scivolando in superficie mutevole 

il reale s’innesta nella filigrana d’alti fusti

addormentati

sotto il grigio nevischio dell’argento-vivo

La voce fissa le immagini

*

Passo i confini assegnati alle cose

dalle parole

Il mondo speculare apre

sull’infinito biancore dove nascono

le stelle

il fulgore d’antichi disastri si spegne in bagliori d’incendi

astrali e fuggitive visioni

si leggono

Estratto dal libro bilingue Mémoire vive des replis / Memoria viva delle pieghe

Lettura video, con la realizzazione di un libro-oggetto dell’artista Michele Grosse: https://www.youtube.com/watch?v=76fY5ItfTnA

Infinis-Terrae

Les plis des dunes en éventail déploient le Sahara

de mon enfance

battu de vents et de nuages au bout du monde quelque part entre

les plages de Wissant et

le port de Dunkerque

Le sable de la dune voile ma carte d’amnésie

et mes pas d’aujourd’hui s’enchaînent à ceux d’autrefois

la carte parfois affleure avec sa chaleur africaine et ses cris de fennecs

brouillant  l’image des grues

dressées au loin sur la jetée

les cabines de plage sous la pluie de septembre

et le sable mouillé des dunes où l’on se perd très loin

très loin parfois

au Bout du Monde

Infinis Terrae

Le pieghe delle dune a ventaglio spiegano il Sahara

della mia infanzia

battuto dai venti e dalle nuvole dall’altra parte del mondo da qualche parte in mezzo

alle spiagge di Wissant e

il porto di Dunquerke

La sabbia della duna vela la mia mappa d’amnesia

e i miei odierni passi  si allacciano a quelli d’un tempo

la mappa a volte affiora col suo caldo africano e i suoi gridi di fennec

annebbiando l’immagine delle gru

svettanti  lontano sul molo

le cabine di spiaggia sotto la pioggia settembrina

e la sabbia bagnata delle dune dove ci si perde lontanissimo

lontanissimo a volte

dall’altra parte del mondo

Photo credit: Lydia Belostyk

© Valentina Di Cesare & Viviana Fiorentino

© Marilyne Bertoncini

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