La rubrica #LeggiMilena è dedicata ai racconti di Milena Milani, per scoprire la scrittura di quest’autrice nella prima parte della sua carriera. Offrirò un racconto ogni primo lunedì del mese, nel tardo pomeriggio, per i prossimi mesi.(at)
È giugno, la primavera nell’aria rende la gente felice, o forse sono io che credo di vedere tutti sorridenti, persino con gentilezza. Con mia madre sono a Venezia, abbiamo riaperto le finestre della nostra casa che di inverno furono chiuse, e i gerani, conservatisi verdi tra i doppi vetri, ora si affrettano a mettere fiori, per fare buona figura.
Questo cielo che io amo, mi lascia in cuore un’impressione di grandissima gioia, il suo colore non è quello di Milano, né di Genova o Roma, questo è un cielo veneziano e basta. Per descriverlo avrei bisogno di nuovi aggettivi, quelli correnti, abituali a me non servono, così mi accontento di guardarlo, di respirarlo. Che cosa è il cielo? Tecnici e studiosi potrebbero parlarmene con base scientifica, ma è impossibile spiegare questo azzurro diffuso, uniforme e mutevole, questa dolcezza di un leggerissimo vento che smuove nuvole vaghe, filamenti, fiocchi di nuvole.
Mi piace, in questi giorni, abbandonarmi a una pigrizia del corpo e dell’animo, adagiarmi nel contemplare immagini che il cervello riceve come un dono raro, bellissimo della vita.
Io e mia madre, vive tutte e due, godiamo di esserlo, i nostri piaceri sono sensibili e puri, come i nostri discorsi, le nostre passeggiate, i nostri sonni. Ritrovateci insieme dopo un distacco invernale, ci raccontiamo quello che avvenne, mia madre dice e non dice, io faccio lo stesso. In fondo, che importanza hanno le cose passate, quando come punto d’incontro abbiamo scelto una città diversa da tutte?
Sorridiamo per questo, e spesso, passeggiando in Piazza, lungo la Riva, oppure indugiando ai negozi delle Mercerie, salendo e scendendo ponti, i nostri discorsi si perdono, le parole volano, resta in noi quel sorriso, le labbra atteggiate alla gioia, appunto perché siamo a Venezia ed è primavera. Di notte, il nostro sonno è leggero, sotto le finestre nel Canale avvertiamo il rumore delle gondole che ondeggiano appena, e qualche canto che arriva dalla Fondamenta di fronte, una voce di bambino che piange.
Tra i vetri lasciamo le tende blu alzate, e di mattina, prestissimo, ci svegliamo.
– Guarda – io dico – anche oggi il cielo è azzurro.
Mia madre è come una bambina, quella notizia le basta perché tutta la giornata sia allegra, si veste e persino canta, accenna motivi di tanti anni fa, quando era giovane.
Domenica, io e lei uscimmo per andare al Lido, fu un’avventura meravigliosa, qui vicino prendemmo un motoscafo, poi ci imbarcammo sul battello grande, quello che sembra una vera nave, salimmo in alto, sul ponte scoperto, e di lassù guardavamo Venezia che si allontanava, tutta chiara, risplendente, un ricamo di marmo, con in mezzo cupole d’oro che scintillavano.
Gente straniera era sul ponte e commentava con esclamazioni festose, c’erano ragazze austriache, un gruppo di bionde con abiti di cotone fiorito, il costume da bagno dentro la rete, due coppie danesi, con i bambini forse di un mese, portati in una specie di grossa scatola rettangolare di tela, allacciata alla spalla dei padri, e i bambini così piccoli erano scalzi e agitavano i piedi.
Tutta questa gente come noi andava al Lido, e quando il battello arrivò a Santa Maria Elisabetta, noi con tutta questa gente ci avviammo al mare.
Era laggiù in fondo, dopo il viale, il mare Adriatico dalla bassa marea, dalla sabbia fine, e già altra gente si godeva il sole. Qualche ragazza aveva fatto il bagno, parlai con una francese che si asciugava, mi disse che l’acqua non era fredda; così anch’io mi spogliai, dietro le capanne dello stabilimento ancora chiuse; mia madre timidamente si tolse le calze.
Intorno i bambini giocavano gridando, passava, come in piena estate, l’uomo che vende la frutta, offrendo banane e arance; un gruppo di ragazzi sui tredici anni spiava le ragazze dalla pelle bianca; uno di essi, isolato dai compagni, stava riverso sulla sabbia, tranquillamente addormentato.
© Milena Milani
Racconto apparso su «Stampa Sera», 9-10 giugno 1954.
Una parte del racconto è apparsa anche nel post: https://leortique.wordpress.com/2021/07/02/milena-milani-e-una-vita-che-si-racconta-a-venezia/
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